Mimmo
Candito Professione: Reporter di Guerra - storia di un giornalismo
difficile, da Hemingway a Internet
I Nani - Baldini e Castoldi Editore
Martedì 19 dicembre 2000 0re 20.30 - Sala Degli Specchi via
Riva Reno 75/3 - Bologna - Presentazione durante il dibattito "Ricordiamo
Antonio Russo" giornalista di Radio Radicale ucciso in Georgia -
Presiede Serafino D'Onofrio (vice presidente AICS Bologna).
Intervengono: Lorenzo Bianchi (inviato de Il Resto Del
Carlino, La Nazione, Il Giorno), Mimmo Candito
(inviato de La Stampa), Mario Cobellini (inviato
TG3 - Rai). Conclude Emma Bonino (parlamentare europeo)
Robert Capa, il più grande dei fotoreporter, lo diceva spesso:
<<Quando vai in guerra, è come quando punti su un cavallo, che può
vincere o perdere>>. Lui perse, morì su una mina in Vietnam. Anche
Hemingway lo ripeteva spesso: <<In guerra, importante è vincere la
paura; il resto lo fa la fortuna.>>. Lui la fortuna l'ebbe, anche
perché non era del tutto vero quello che poi raccontava di se stesso
come protagonista di eroismi. In battaglia, tutti hanno paura; anche i
giornalisti. Nei giorni della caduta di Saigon, ad aprile del '75, un
vecchio corrispondente americano ebbe paura dei vietcong e scappo come
quasi tutti gli altri reporter; però poi passo il resto della propria
vita a consumarsi nella angoscia amara di quella fuga. E' l'angoscia
di Lord Jim. Il reporter che va in guerra - Hemingway o
Don Pasos,
Montanelli, Barzini, Peter Arnet, la Fallaci, la
Amanpour - non è mai
un eroe. Il cinema, la letteratura, l'immaginario popolare, gli hanno
montato addosso una mitologia romantica che spesso ignora la realtà.
Il primo di loro, William Russel, inviato del
Times in Crimea nel 1854, scriveva con la penna d'oca;
l'ultimo, oggi, sta seguendo la guerra di Cecenia o dei Balcani, e
manda i <<pezzi>> in redazione con il telefono satellitare. Il libro
racconta la storia, le piccole miserie, gli alberghi sporchi, gli
scarafaggi, la rabbia, di questa armata di Brancaleoni che viaggiano
nel Kosovo, in Vietnam, dentro i deserti del Golfo, con gli ascari di
<<Faccetta nera>>, tra i fanti di Caporetto, a Beirut o a
Sarajevo. Ma
il racconto ha la consapevolezza che le nuove forme di comunicazione
vanno espellendo il reporter dal sistema dell'informazione, sempre più
pilotata, controllata, approssimativa, insofferente comunque del
lavoro attento - e rischioso, certamente, e costoso - del giornalista
testimone. Un mondo virtuale si va sostituendo alla nostra
comune realtà.
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